Cry Macho – Ritorno a casa
Alcuni giorni fa ho visto su Netflix un film del 2021: “Cry Macho – Ritorno a casa”, regia di Clint Eastwood e da lui stesso interpretato.
La trama è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo del 1975 scritto da Nathan Richard Nusbaum, noto come N. Richard Nash e racconta di una ex star del rodeo, Mike Milo (Clint Eastwood) che viene ingaggiato dal suo ex capo per andare a prendere a Città del Messico il figlio Rafo (Eduardo Minett), il quale, seppur molto giovane, si è già dato alla vita criminale, partecipando a combattimenti tra galli con un gallo di nome Macho. Mike e Rafo intraprendono quindi l’avventura per tornare a casa iniziandosi a confidare diverse storie sulle loro vite e soprattutto discutendo sul significato di essere “macho”.
Quale film migliore quindi per l’Associazione LUI!
Mi ha particolarmente colpito il film perché ho avuto l’impressione che fosse un viaggio di redenzione del maschile per i due personaggi. Da una parte un uomo anziano che ha fatto diversi errori nella sua vita e che spiegando e dimostrando al ragazzo come ci si comporta, si redime. Dall’altra un ragazzo venuto dalla strada, cresciuto attraverso gli stereotipi del maschile che inizia a comprendere come si possa essere uomo o per meglio dire un “macho” senza dover ricorrere necessariamente ai classici stereotipi del “macho”!
Vedendo il film ho ripensato alla vita di Clint Eastwood e ho pensato a quanto potesse realmente essere impregnata dello stile di vita del cowboy, visto il suo trascorso come attore di spaghetti western con i film di Sergio Leone. Me lo ricordo spesso come attore di figure maschili forti: sceriffi, cowboy, ispettori, in cui non era mai fragile e/o vulnerabile. Questo aspetto mi ha riportato alla mente quegli anni per me spensierati in cui stavo con mamma e papà nello studiolo a vedere i suoi film: “Per un pugno di dollari”, “Per qualche dollaro in più”, “Il buono, il brutto, il cattivo”. Papà ne andava matto, si ricordava tutte le battute a memoria e ogni volta che li vedevano ripeteva quelle più importanti o addirittura imitava le colonne sonore. Che ridere a pensarci adesso! Che malinconia non avere più papà con cui vedere quei film o parlare di questi temi che porto avanti come Associazione. Chissà cosa direbbe oggi, di quello che ha visto iniziare nel 2010…
Credo che questo film meriti di essere visto perché ci sono dei profondi dialoghi tra Rafo e Mike, in particolare uno in macchina che se saputo cogliere, credo possa smuovere una riflessione sul significato di essere maschi nella società d’oggi.
Buona visione.
JP