Andre Agassi Open La mia storia
In questo periodo, di Covid-19, ho avuto la “fortuna” di dedicarmi un po’ a me e a quello che a me piace, come per esempio la lettura.
Tra i diversi libri che ho letto e che sto leggendo, c’è uno che da diversi anni rimandavo sempre: “Andre Agassi Open La mia storia”, edito da Super ET.
Mitico!
Leggerlo mi ha fatto fare un tuffo nel mio passato, di quando ero bambino, di quando giocavo a tennis e sognavo di diventare Andre Agassi.
Che tempi!
Adoravo Andre Agassi, avevo anche un suo poster in camera mia, lo avevo chiesto a un negoziante di articoli sportivi. Lo tenevo gelosamente attaccato nella parete della mia camera, appena aprivo la porta, Andre mi salutava.
Mamma mia… Un secolo fa.
Lo adoravo, era uno fuori dalle righe, un ribelle, fuori dai canoni del tennis di quei tempi, uno con i capelli lunghi, con gli orecchini, i jeans e gli scaldamuscoli rosa… Fuori dai canoni, fuori dagli schemi.
Per crescere, ho provato a sentirmi lui, a emularlo, per poi capire che ero altro, ero me, con le mie contraddizioni, limiti, fragilità e diversità. Avevo bisogno di una maschera, un’armatura per sentirmi qualcuno, per nascondere e far fronte alle mie fragilità di maschio.
Per come ho letto il libro, ho avuto l’impressione che anche il campione, Andre Agassi, abbia vissuto, a suo modo qualcosa di simile. Leggere il libro mi ha fatto scoprire che dietro al campione c’erano dei lati oscuri, delle fragilità, un’inquietudine e me lo ha fatto sentire simile, vicino, più vero.
In questo libro, il campione, non ha avuto timore di mostrarsi per l’uomo che era ed è diventato, mostrandosi a nudo senza reticenza alcuna.
Un libro spettacolare in cui Agassi decostruisce l’immagine che gli altri avevano di lui, in cui si mette a nudo, in cui fa del privato il suo politico, un libro che a mio dire ha molto in comune con quello che l’Associazione LUI prova a professare da anni. Essere maschi con le proprie fragilità, limiti, senza timori per essere accettati per quelli che si è, senza dover corrispondere alle aspettative che gli altri hanno su di noi o seguendo ideali impossibili.
Un passaggio (lungo linea), tra i diversi che ci sono all’interno del libro, che mi ha profondamente toccato più di altri è stato: “…La trasformazione è un cambiamento da una cosa in un’altra, ma io quand’ho cominciato non ero niente. Non mi sono trasformato, mi sono formato. Quando ho cominciato a giocare a tennis ero come la maggioranza dei ragazzini: non sapevo chi ero e mi ribellavo al fatto che fossero i grandi a dirmelo. Penso che i grandi facciano sempre questo errore con i giovani, trattandoli come prodotti finiti quando in realtà sono in fieri…”.