Donne al potere
Un effetto positivo che riverbera sulla politica italiana dopo questa tornata elettorale europea è certamente il fatto che oggi vi siano due donne a capo dei due maggiori partiti politici nazionali.
Una sorta di bipolarismo al femminile che non ha niente a che vedere con patologie mediche ma che – al contrario – rende l’idea della completa rottura del soffitto di cristallo.
Donne che peraltro si pongono agli antipodi: una che si dichiara fermamente donna-madre e l’altra che si dichiara pubblicamente lesbica e senza figli.
Una forte impronta di libertà che, a mio avviso, getta una ventata di aria nuova al bel paese e che, insieme alla digitalizzazione, ci spinge verso il futuro.
Per di più, si tratta di due donne che nella propria area politica di appartenenza hanno svolto la gavetta ed hanno ottenuto il consenso dal basso: solamente cinque anni fa, in Italia, ciò pareva un miraggio.
Parafrasando la vincitrice di Sanremo, Angelina Mango, la “cumbia della noia” della politica maschile sembra avere avuto una battuta d’arresto (“total!”).
Non importa che idea di mondo abbiano Giorgia ed Elly, quello che rileva – almeno dal nostro osservatorio maschile – è che si sia ribaltato lo stereotipo sulla rappresentazione di genere della figura del politico.
L’esperienza ventennale di Angela Merkel in Germania – in anni recenti – ha certamente segnato un solco importante in questo campo ma oggi abbiamo anche una uscente Presidente donna della Commissione europea, una uscente Presidente del Parlamento europeo nonché una donna a presiedere la Banca centrale europea. Una rivoluzione, insomma.
Tutto questo in un’epoca nella quale vi sono eventi bellici in corso, crisi geopolitiche e crisi economiche destabilizzanti.
La leadership femminile potrebbe impattare su nuove e più virtuose modalità di gestione del potere (nella migliore delle ipotesi) ma certamente avrà conseguenze sull’immaginario collettivo.
Come accaduto in altri casi, vedi quello dell’astronauta Samantha Cristoforetti, una qualunque bambina italiana potrà senza dubbio immaginarsi futura leader della politica e delle istituzioni.
Al contempo le giovani generazioni di maschi assumeranno come “normale” (o per meglio dire, fisiologico) che vi siano donne a cui essere sottoposte gerarchicamente o rappresentativamente o che possano pareggiarli nei ruoli di comando.
Qualcuno potrà eccepire che le donne al potere spesso hanno operato o operano con modalità non dissimili da quelle tradizionali machiste ma è utile metterle nelle condizioni di tentare una qualsiasi discontinuità rispetto a ciò.
Propongo, infine, una scommessa educativa alle prossime generazioni di uomini e donne, ovvero quella di ritenersi sempre all’altezza di ogni sogno personale: ambire e prepararsi a posizioni apicali (o meno) senza guardare al proprio sesso biologico e senza rinunciare, eventualmente, al proprio desiderio di diventare genitore.
GL
Livorno, 12.6.24