Il coraggio di rimanere se stessi

Il 13 marzo 2013 mi trovavo in settimana bianca con alcuni amici e, insieme, seguimmo in diretta la proclamazione del nuovo Papa (sconosciuto ai più) e scoprimmo il suo nome: Francesco. Un vero tuffo al cuore per chi da sempre arpiona la propria fede anche al santo di Assisi, ovvero a quel piccolo uomo che aveva fatto le crociate, a quel giovane che aveva amato Chiara, a quel povero che aveva saputo accostarsi alla natura con stupore, a quel ragazzo che aveva rappresentato così bene la condizione umana e – assieme – la condizione divina.
Il gesto non per l’ostentazione, bensì il gesto per rimanere fedele sé stesso.
Questo è il tratto di Francesco che mi ha colpito di più durante il mandato da Papa di Jorge Mario Bergoglio. Il bisogno di stare con la gente, la voglia di “puzzare” di gregge, perché “nessuno si salva da solo”.
L’evidenza della rottura di alcuni protocolli secolari ha scosso ma non ha rotto le barriere della Chiesa, anche questo è un grande insegnamento: riformare senza rinnegare, aprire cantieri di cambiamento.
La franchezza del linguaggio insieme alla semplicità del suo stile hanno scaldato molti cuori, anche quelli dei più scettici e dei più agnostici.
La relazione amicale con Eugenio Scalfari, quella con Edith Bruck, il bacio ai piedi dei detenuti nel giovedì santo e quello ai piedi dei leader del Sud Sudan, la benedizione delle coppie omosessuali, il pollice spesso alzato verso il cielo, la Commissione sul diaconato femminile, i suoi spostamenti sulle auto utilitarie: ecco alcune immagini di Papa Bergoglio.
“Permesso, grazie, scusa”: la triade della buona convivenza civile, nonostante le fragilità della condizione umana.
“Fratelli e Sorelle, buonasera!” (le prime parole pronunciate da Papa) suonano come un manifesto politico che hanno trovato perfetta rispondenza, a mio avviso, durante il suo tragitto papale.
La violenza domestica, il patriarcato chiaramente condannati in Amoris Laetitia, pur nella complessità e nella contraddittorietà delle sovrastrutture ecclesiastiche. La lotta alle violenze sessuali ai minori da parte dei prelati – nominandole inequivocabilmente – come missione di giustizia.
Le esortazioni ad andare avanti ed a lasciare i cuori aperti, anche nelle tribolazioni, spingono tutti noi e tutte noi verso la speranza.
Interpretare la vita esponendo il proprio corpo fino all’ultimo, anche nella malattia, mi lascia intendere la probabile sua volontà di vivere appieno con generosità, senza risparmiarsi, e morire “sul campo”.
Personalmente, porto con me il suo coraggio di esporsi contro le ingiustizie ed i poteri forti.
Il tuo nome sarà anche per sempre tra i tre nomi di mio figlio.
Grazie per il tuo esempio, grande uomo.
Siamo tutti un po’ più soli.