Non sono sessista, ma… Il sessismo nel linguaggio contemporaneo
In questo breve articolo vorrei provare a esortare la lettura di questo libro soprattutto cimentandomi in una impresa per me non facile perché molto delicata: affrontare il linguaggio di genere.
Ho letto recentemente il libro di Lorenzo Gasparrini: “Non sono sessista, ma… Il sessismo nel linguaggio contemporaneo”, edito da TLON e ho, tra le altre cose, scoperto che c’è anche la versione audio, nell’ipotesi in cui interessasse saperlo. Personalmente apprezzo molto il filosofo e formatore femminista Gasparrini, perché anche lui, come noi dell’Associazione LUI, s’impegna come uomo, nel portare avanti una riflessione critica del maschile e degli stereotipi a esso connesso.
Ovviamente il presente articolo non intende certo trattare il delicato tema del linguaggio di genere nella sua completezza ma piuttosto spronare quanto meno ad avviare una possibile riflessione sul linguaggio, cercando di essere non un tentativo di cambiare la lingua e il linguaggio ma un suggerimento per portare a un uso meno sessista della lingua e del linguaggio in genere, spronando verso una probabile, possibile strada, a mio dire, più giusta, paritaria e consapevole.
In tal senso per esempio cercando di riflettere del fatto che la lingua italiana ha solo due generi: maschile e femminile. Già solo questo aspetto abitua a non considerare altro dai due generi come la normalità dell’azione linguistica. Oltre a questo sarebbe importante cercare di avviare una riflessione sul fatto che la nostra società, quanto meno nel passato, potesse essere definibile “eteronormativa”, in cui la normalità era l’essere maschio o femmina, per di più nel modo più consueto e abituale quale quello etero, rischiando quindi di crescere in un contesto culturale che poteva essere discriminante verso il genere. Aspetti a mio dire di non poco conto e preludio del fatto che forse ancora oggi, seppur in minor misura, si viva in una società non è paritaria tra uomini e donne, tra generi e orientamenti. Scrivo questo perché il libro mi ha portato a riflettere come gran parte della nostra identità, che forse credevamo di aver liberamente scelto e in parte costruita, è in realtà scelta e costruita da forze sociali, da poteri gerarchici che hanno condizionato quelle scelte e che il linguaggio e la lingua stessa sono depositi e talvolta strumenti di quelle forze, di quei poteri. Interrogarsi su questi aspetti potrebbe essere importante per indagare su uno dei modi in cui siamo diventati gli uomini e le donne che sentiamo di essere oggi.
“In conclusione la lingua che parliamo e il linguaggio che adoperiamo sono comportamenti sociali nei quali si esprime chi siamo, cosa vogliamo dal mondo intorno a noi, e come vogliamo ottenerlo. […] Se per costruire quelle relazioni adoperiamo linguaggi oppressivi e discriminanti, sarà ben difficile che si riesca a costruire solo col voto una società non oppressiva e non discriminante, per chiunque” (Lorenzo Gasparrini).
Buona lettura.